Continuano le adesioni e le manifestazioni di sostegno per la nostra iniziativa di resistenza nonviolenta all’obbligo illegittimo di trattamento sanitario: lo sciopero della fame di massa.

Insieme a Davide Tutino, Nino Fusco, Fabio Massimo Nicosia, M.P. e molti e molte altre, anche Deborah sta digiunando, e ci sta mandando le sue considerazioni, giorno per giorno. Questo è il secondo, in coda al testo una nuova playlist musicale. Grazie!


GIORNO 2 – Storia di una pera.

Affronto il secondo giorno con un po’ di timore.

So per esperienza che è il più difficile. Comincio a sentirlo sul corpo: mi gira un poco la testa e nello stomaco la sensazione di vuoto aumenta.

Non è la fame. Non sento il desiderio di mangiare. Devo però prepararmi il brodo e quindi fare attenzione ai gesti inconsapevoli: come quando ho allungato la mano per addentare quello splendido broccoletto. Mi sono fermata in tempo.

Ci sono anche dei vantaggi: quanto tempo a disposizione perché non devo cucinare e poi pulire la cucina!

Io credo che due aspetti siano fondamentali; la consapevolezza e la motivazione. Guardare i propri gesti, le proprie abitudini (broccoletto docet): quante volte mangiamo qualcosa senza avere davvero fame?

E poi sicuramente, come in tutte le cose, aiuta essere chiari sulla propria motivazione: perché lo sto facendo? Dove voglio arrivare?

Quando ho iniziato a condividere la decisione di unirmi a Davide nella sua lotta ho notato spesso quel secondo di silenzio che tradiva la domanda “Ma a cosa serve fare lo sciopero della fame? Di certo al Governo non gliene frega niente!”

Poi l’imbarazzo malcelato si stemperava in un preoccupato ed educato “Ma come farai a pubblicizzarlo?” (traduzione: Chi ti conosce?!).

È vero, non mi conosce “nessuno”.

Eppure credo che questo gesto porti con sé la forza e il potere della preghiera silenziosa. La forza e il potere di anime che si uniscono per uno scopo comune. Il primo piccolo passo verso il grande viaggio.

Davide ha iniziato da solo. In dieci giorni siamo diventati 20 a voler digiunare. Ancora pochi? Certo. Ma l’importante era iniziare.

Come ho scritto nel mio post di ieri, il mio desiderio è provare a toccare il cuore delle persone. Provare a ridurre la distanza che si è creata.

 Mi viene in mente quella bellissima poesia di Thậy:

Tu sei me, ed io sono te.
Non è ovvio che inter-siamo?
Tu coltivi il fiore che è in te,
coì io sarò bellissimo.
Io trasformo l’immondizia che è in me,
così che tu non dovrai soffrire.

Io sostengo te.
Tu sostieni me.
Io sono in questo mondo per offrirti la pace;
tu sei in questo mondo per portarmi la gioia

Possiamo vederlo?

Ancora vi chiedo? Possiamo davvero pensare di essere felici quando ci sono persone accanto a noi che soffrono, persone che stanno pagando un prezzo altissimo solo perché hanno ascoltato i propri dubbi?  Piuttosto, non lo stiamo pagando tutti noi questo prezzo?

Ecco. Il dubbio. Sembra sia stato cancellato dal nostro vocabolario negli ultimi due anni.

Io non sono e non voglio essere pro o contro, voglio semplicemente tenermi stretto il mio dubbio. Perché ho un cervello e un cuore e un corpo che mi dicono “Non so!”. E io ho deciso di ascoltarli, perché se NON SO dove andare, non parto per un viaggio.

Ricordo Thậy che diceva (si, ancora lui, rassegnatevi, ve lo citerò spesso!): noi monaci eravamo là, in Vietnam, durante la guerra, e volevamo che tutto questo finisse ma soprattutto volevamo aiutare tutte quelle persone che stavano soffrendo enormemente. Noi aiutavamo sia i comunisti che gli anticomunisti, noi aiutavamo gli esseri umani, mentre loro non potevano credere a questa cosa, perché bisognava stare per forza da una parte o dall’altra e quindi venivamo uccisi sia dai comunisti che dagli anticomunisti!

Io non voglio stare da una parte o dall’altra. Voglio stare con gli esseri umani. Voglio restare un essere umano.

Tuttavia capisco perché questo succede: si mette in mezzo la paura. Perché il dubbio è sicuramente scomodo e può fare anche molta paura. Perché per definizione (è il suo compito, eh!)  scuote le nostre sicurezze, i nostri arroccamenti.

“Se faccio così, andrà così e non avrò più paura, non soffrirò più”. Ma purtroppo non è così che funziona la vita. Non ci sono certezze. E soprattutto perdiamo di vista una cosa: la paura e la sofferenza sono tremende perché se le ignoriamo e non ce ne prendiamo cura si spargono intorno a noi, peggio di un virus, anche se pensiamo che non sia così.

Bisogna conoscersi almeno un po’ per restare nel dubbio, bisogna essere a nostro agio con la quota inevitabile di sofferenza e paura che abita il nostro cuore.

Ma la magia è che, se proviamo a guardarci dentro, se proviamo a guardare la nostra paura questa smette di essere così spaventosa. E soprattutto sorgono la comprensione e la compassione. Solo così possiamo davvero guardare l’altro senza giudizio. Solo così possiamo davvero accogliere la sofferenza di chi non la pensa come noi e per questo viene escluso.

Guarendo la nostra sofferenza e paura, possiamo aiutare a guarire anche chi ci sta accanto.

Tu sei me, ed io sono te.
Non è ovvio che inter-siamo?
Tu coltivi il fiore che è in te,
coì io sarò bellissimo.
Io trasformo l’immondizia che è in me,
così che tu non dovrai soffrire.

Continuo il viaggio.

Ah, dimenticavo!… Cosa c’entra la pera? Sarà perfettamente matura quando finirò lo sciopero. Come sarà dolce mangiarla!

#famedigiustizia #resistenzaradicale


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