Tutte e tutti noi stiamo vedendo, in questi giorni, video e foto di insegnanti che sono “esiliati” dalle loro scuole in scantinati, sotterranei, aule fatiscenti o nascoste, e a cui è impedito di vedere le loro classi e di lavorare. E perché? Perché esercitano una scelta legittima e libera, rifiutando di piegarsi ai ricatti muscolari di un potere che impone obbedienza cieca.

Oggi pubblichiamo la testimonianza di M. F., uno di questi insegnanti resistenti.
Da parte nostra: semplicemente GRAZIE, di resistere, di pensare, di parlare, di esserci.

Sono nato in un piccolo paese, in un piccolo paese sono cresciuto.
In un piccolo paese ho studiato e frequentato il Liceo e lì ho capito cosa volevo fare da grande.

Ho fatto del mio meglio, ho conseguito il diploma con un bel voto, ho proseguito gli studi in una città del nord.
Tra mille difficoltà ho superato con successo l’università e ho deciso di tornare a vivere in paese, realizzare il mio sogno.
D’altronde molte persone dicono sarà facile farsi strada nell’insegnamento con la mia laurea.

Inizio la mia gavetta qualche anno fa: insegnavo una materia non mia ma barcamenandomi bene per essere alla prima esperienza.
Essere il docente più giovane intorno può essere anche un vantaggio e questo è diventato evidente con l’avvento della didattica a distanza.
Era la primavera del 2020.

Quando mi hanno contattato per aderire alla campagna vaccinale (tra le prime categorie i docenti) ho esitato qualche giorno ma ho deciso infine di aspettare, documentarmi meglio ma soprattutto osservare.

Osservare ad esempio lo stesso farmaco che mi era stato proposto essere messo al centro di numerose polemiche che hanno portato restringerne la somministrazione fino al suo definitivo ritiro dal mercato.
Osservare la comunicazione totalmente caotica e contradditoria dei governi e quella sibillina delle case farmaceutiche.
Osservare governi dalla già dubbia legittimità comprimere la democrazia e distruggere il dissenso.
Osservare persone che mi conoscevano da tanto tempo cambiare atteggiamento verso di me dopo avermi scoperto “diverso”.
Osservare le nuove varianti farsi beffe di qualsiasi protezione farmacologica, fortunatamente con sintomatologia sempre meno intensa.

Avendo già affrontato il virus, essendo giovane e in salute ma soprattutto avendo capito che con un po’ di attenzione e areazione il rischio nelle classi è molto basso decido definitivamente di non partecipare alla campagna di vaccinazione. Il senso di impreparazione delle istituzioni e la cecità di molte misure adottate, dai banchi a rotelle al coprifuoco, hanno sicuramente avuto un ruolo importante in questa scelta.
Era la primavera del 2021.

Dopo alcuni anni di precariato con una materia non mia quest’anno scolastico inizia a settembre con una supplenza.
Non è lunghissima ma sono finalmente le mie materie.
Sono entusiasta ma l’orario non si sposa bene con l’esigenza di fare i tamponi.
Le farmacie del mio paese non fanno tamponi e gli orari della scuola non sono minimamente compatibili.
Diventa evidente che non è una strategia pensata per chi lavora, non è più una sorpresa, ma spesso mi trovo a questionare la mia scelta quando devo uscire la sera appositamente per andare a fare un tampone nella farmacia più vicina, a mezz’ora di auto da casa mia. Nonostante il sacrificio organizzativo ed economico mi trovo bene con classi e colleghi.

Dopo diverse altre proposte ricevo finalmente una chiamata dal mio vecchio Liceo. Sono al settimo cielo, soprattutto quando la mia richiesta di accomodare l’orario all’esigenza dei tamponi viene accordata immediatamente. Firmo e realizzo il mio più grande sogno di mezza vita fa.

Con classi colleghe e colleghi mi trovo molto bene, dopo alcune settimane di lavoro sono quasi in imbarazzo dai complimenti che ricevo.
In particolare diverse persone in diverse classi stanno scoprendo un insperato interesse per materie generalmente considerate “toste”.
Tutto sembra andare bene.

Il 26 Novembre viene approvata una legge infame, la mia scelta e la mia persona non saranno più accettate.
Il 23 Dicembre saluto senza dire nulla, spero ancora che qualcuno ai piani alti si ravveda.

Domani sarò nelle mie classi a fare il mio lavoro.
Insieme a me saranno tante persone che hanno avuto la fortuna di guarire ed essere reintegrate, anche se parzialmente, nella società.
Molte altre dal primo aprile saranno reintegrate a condizioni indegne così come molte altre ancora hanno deciso di abbandonare questa carriera.
Di queste ultime, mio malgrado, farò presto parte ma la nostra storia non finirà così.

Era la primavera del 2022.

M. F., insegnante