Dopo la cronaca social dell’azione del prof. Saverio Mauro Tassi all’USR, il giorno 14 febbraio 2022, pubblichiamo oggi il suo racconto di com’è andata.
Tutto da leggere! Grazie, prof.!


DIARIO DI UNO SFACCENDATO
Il giorno del Blitz nel provvidetoreato

Oggi, mio giorno libero, mi sono liberato da un sassolino nella scarpa, anzi da due: la mancata risposta del ministro Bianchi e anche della sovrintendente regionale della Lombardia, dottoressa Celada, alla mia mail, a nome di SCUOLA UGUALE X TUTTI, dell’8/2/22.

Ho deciso di recarmi personalmente nella sede del provvidetoreato (ribattezzato Ufficio Scolastico Regionale per velarne pietosamente il tutt’altro che inclito passato) per chiedere ragione delle omissioni di risposta di Bianchi e della dottoressa Celada.

Entrato, non sapevo proprio cosa aspettarmi, mi sono trovato di fronte a un bancone in un enorme ingresso, da cui si dipartivano due corridoi a croce, che già segnalavano che chi vi si fosse inoltrato sarebbe stato messo nella stessa posizione.
Al bancone, invece una gentile receptionist che mi chiede chi cercassi.
Mi sono presentato, come insegnante del mio Liceo e rappresentante di SCUOLA UGUALE X TUTTI, e le ho spiegato che volevo parlare con il direttore generale, dott.ssa Celada.
La cortese ricezionista ha chiamato al telefono interno la segretaria del direttore generale e mi ha passato il cordless.

Mi sono ripresentato e ho spiegato alla segretaria cosa volevo e perché. La sua prima risposta è stata che la dott.ssa Celada non era in sede ma a Mantova, per un impegno istituzionale. Le ho risposto: no problem, posso aspettarla qui. Guardi che non tornerà in giornata. Bene, allora mi faccia parlare con un suo vicario. Non posso, non c’è. Vuol dire che non è presente nessuno che possa rappresentare l’USR in vece del direttore? No, qui non c’è nessuno, nessuno! Mi scusi, mi sta dicendo che oggi lunedì 14 febbraio 2022 nella sede USR della Lombardia non è presente nessuno? Ma allora come mai lei mi risponde? Non si trova qui?

La segretaria comincia a dare segni di nervosismo. Con piglio severo mi dice: Non importa chi c’è o non c’è, lei comunque non ha un appuntamento e qui si riceve solo per appuntamento. Guardi, le rispondo tranquillo, che io ho mandato al ministro Bianchi e per conoscenza alla dott.ssa Celada una mail il giorno 8 u.s. e poi un’altra di sollecito di risposta ieri sera. Né il ministro né il direttore si sono degnati di darmi riscontro. Noi non rispondiamo del ministro e per quanto riguarda il direttore, se la mail è indirizzata a lui solo per conoscenza non è tenuto a rispondere. D’accordo, allora cosa devo fare per chiedergli e ottenere udienza? Scriva una mail intestata al direttore e chieda l’appuntamento. Va bene, ho risposto, lo faccio subito, grazie. Prego, arrivederci. A presto.

Detto fatto. Per fortuna nell’ampio atrio di ingresso sono collocati dei grandi pouf colorati, disposti a quadrifoglio, sui quali mi sono potuto accomodare e scrivere la mail. Naturalmente mi ero attrezzato con cellulare, computer, tablet, e una borraccia per l’acqua. Ho scritto e inviato la mail e poi mi sono messo ad aspettare. Nell’attesa, mi sono girato un video e arrabattato a postarlo su fb e a inviarlo ai giornalisti di cui ho il recapito. Ci ho messo parecchio perché era la prima volta che lo facevo, ma almeno ho ingannato il tempo. (Anche se… ho visto becchini ammazzarsi di lavoro ingannando il tempo nei loro tempi morti.)

Alle 13.30 ho guardato il TG di Byoblu e ho avuto la piacevole sorpresa di vedere e ascoltare il servizio di Davide G. Porro sul presidio/sabba del 12/2/22 (somma: 9). Nel frattempo nessuna comunicazione ulteriore dalla segretaria della dott.ssa Celada. Alle 14.30, ho deciso che avevo aspettato abbastanza. Dato che la dott.sa Celada non mi risultava fosse Godot (e tale continua a non risultarmi, almeno fino a prova contraria), ho concluso che non era il caso di aspettare all’infinito.

Sono salito al primo piano. Deserto. Silenzio spettrale. Il Castello di Kafka in confronto è un circo in pieno spettacolo. Percorrendo il corridoio a destra finalmente ho intravisto degli esseri umani in un ufficio e ho chiesto dove si trovasse la segretaria del direttore. Risposta: al secondo piano. Ovvio, i capi stanno in alto. (Il terzo piano non è occupato dall’USR, non so chi ci possa essere, forse l’MI9 italiano.)

Salgo al secondo piano. Stessa scena desolata, salvo una impiegata a una scrivania all’aperto, cioè non dentro una stanza-ufficio, in un relativamente piccolo vestibolo o anticamera. Le spiego tutto. Subito allarmata, si alza e va a chiamare la segretaria del direttore. Che arriva concitata, insieme a un’altra collega più giovane, e successivamente ad altre due, più anziane.

La segretaria mi chiede perché ero salito. Le dico perché, come da sua indicazione, ho scritto una mail alla sua direttrice e dunque attendevo che mi faceste sapere quando avrebbe potuto ricevermi. Poiché ho atteso 4 ore, sono venuto a chiedervi spiegazioni di tanta attesa e informazioni su quando potrò parlare con il direttore. Mi risponde che non sarei dovuto salire, è vietato entrare negli uffici. Mi scusi ma la pubblica amministrazione non si basa sull’accesso e la trasparenza? Se sì, come può essere che non posso venire qui a parlare con lei? Mi replica: Può venire solo su appuntamento. Ma io infatti ho chiesto un appuntamento con la mail che le ho inviato 4 ore fa e che lei ha ricevuto, o no? Sì, l’ho ricevuta ma non posso darle subito la risposta, devo sentire il direttore. E perché non lo sente. Non posso perché è impegnato in una missione istituzionale. Va bene, allora io mi siedo qui (per fortuna su una parete ci sono due bellissime sedie di pelle, forse umana, magari di qualche vecchio funzionario defunto, ma non ho approfondito), dico accomodandomi, e aspetto qui fino a quando il direttore non tornerà. Ma oggi non torna in ufficio, tornerà domani! D’accordo, vorrà dire che aspetterò fino a domani. Che vuol dire, come fa ad aspettare fino a domani, noi a fine orario chiudiamo tutto. Vorrà dire che mi chiuderete dentro. Ma lei non può rimanere chiuso dentro, è vietato… Vorrà dire che violerò un divieto. Ma non può farlo. Come vede posso.

A quel punto tornano nei loro uffici. Qualche minuto dopo arriva un dirigente e tutte le segretarie o funzionarie tornano nel vestibolo davanti a me seduto. Il dirigente mi rifà le domande di rito e io gli rispiego la rava e la fava ma questa volta aggiungo anche che è vero, normalmente le regole si rispettano, però noi siamo in una situazione di emergenza, ma non sanitaria, bensì costituzionale, la Costituzione è violata dall’art. 4 del DL 1/22, ogni giorno studenti senza green pass rafforzato sono discriminati e penalizzati con la DAD, quindi non posso aspettare e in tali frangenti si possono anzi si devono trasgredire delle regole burocratiche.

Lui cerca di blandirmi e di persuadermi a rinunciare facendo appello al mio buon senso, e chiedendomi di andare via e tornare domani, ma io gli rispondo gentilmente: “Preferirei di no”. A questo punto arrivano due carabinieri, uno più burbero, l’altro gentilissimo (la solita storia, copiamo i serial USA), e mi chiedono di spiegare la mia posizione. Nuova spiegazione. Nuovo tentativo di convincermi ad andare via con le buone, il dirigente ci riprova, sentendo di avere le spalle coperte dalle forze dell’ordine, ma io ripeto i miei argomenti e faccio appello alla loro sensibilità costituzionale, a maggior ragione se sono militi dell’Arma chiamati a difendere la Costituzione e i diritti costituzionali. Il dirigente se ne va, dicendomi laconicamente che aveva fatto tutto quello che poteva fare.

Passano alcuni minuti non di tensione, ma di forte imbarazzo. Il milite cattivo scalpita per indurre il suo partner a portarmi via. Per guadagnare tempo l’altro mi chiede il documento e proprio mentre ne trascrive gli estremi una delle funzionarie dice che al telefono c’è la dirigente e che se voglio posso parlarle. Io rispondo di sì e andiamo tutti nel grande studio della dirigente. Davanti a tutti, CC compresi, parliamo in vivavoce. Io le rispiego la fava e la rava e le faccio la mia richiesta: inviare una mail a Bianchi riferendo che io e lei, la dott.ssa Celada, avevamo avuto un colloquio nel corso del quale io le avevo espresso la mia delusione per la mancata risposta del ministro e il mio auspicio che lui si degnasse almeno di inviarmi una mail di replica. Il direttore prima mi ha fatto presente i suoi innumerevoli impegni istituzionali, le ho detto che non ne dubitavo e che se mi permettevo di distoglierla era solo per la gravità della situazione di decine di migliaia di studenti penalizzati, poi mi ha opposto che non poteva chiedere a Bianchi di rispondermi, al che le ho spiegato che non doveva chiederlo lei, ma solo riferirgli che nel nostro colloquio io avevo avanzato questa istanza, alla fine ha accettato, coram populo, quindi molti testimoni, anche i carabinieri, fedeli nei secoli, di informare il ministro di tutto quello che avevo fatto e avevo detto, anzi ha aggiunto che doveva farlo come obbligo professionale.

Così l’ho salutata e finalmente, accompagnato fino all’atrio dai due carabinieri, “uscimmo a riveder le stelle”. Ma quali stelle! Solo nuvole. Senza nemmeno il Mexico. Solo la solita Milano nuvolosa ed uggiosa. Ma tant’è, a me mi piace anche così. Eppoi dopo ore di inferno burocratico, mi è apparsa un nuovo eden!

Saverio Mauro Tassi