Il docente Saverio Mauro Tassi ha ricominciato lo sciopero della fame (il precendente è durato 12 giorni) per chiedere al Ministro Bianchi di rispondere alle istanze presentategli, e per condividere la sofferenza di una popolazione lasciata a casa e discriminata, e quelle del popolo ucraino aggredito dalla guerra.
Ecco cosa ci racconta al terzo giorno della sua azione.

Leggi qui il Giorno 1 del Diario di uno scioperato (della fame)
Leggi qui il Giorno 2 del diario di uno scioperato (della fame)

DIARIO DI UNO SCIOPERATO – II STAGIONE

III giorno

La novità è che ho dormito per la prima notte nella tenda SCUOLA UGUALE X TUTTI che ho montato davanti al mio liceo.

Perché? Perché io ho orecchie per intendere. E, come sta scritto nel Vangelo: “Chi ha orecchie per intendere in tenda!”. In effetti gli hotel, grandi o piccoli che siano, non mi sono mai piaciuti.

Insomma, non me la sento di dirvi che mi sono svegliato un fiore, diciamo che perlomeno sono sopravvissuto ai -2 gradi. Il peggio sono stati i crampi ai piedi, evidentemente non abbastanza coperti. Ma stasera, per la seconda nottataccia, mi sono attrezzato molto meglio: due plaid sotto il tappetino di gomma, per attutire il freddo del terreno, un piumino da stendere sopra il sacco a pelo, la cuffia da sciatore e – udite, udite! – perfino un cuscino. Che lusso! Sono certo che stavolta dormirò molto meglio, insomma almeno 2-3 ore. Un lusso bis. È proprio vero che l’esperienza è il nome che diamo ai nostri errori.

Ma come mai stasera posso fare il bis? La notizia del giorno è che la Digos non mi ha (ancora?) sgombrato. Stamattina alla fine della prima ora di lezione, mentre mi recavo nella mia terza, il vicepreside mi ha fermato per dirmi che nell’atrio mi aspettavano tre agenti della Digos che chiedevano di conferire con me. Col suo autorevole permesso, ripromettendomi di non perderci più di dieci minuti, ho acconsentito. Mi hanno detto che la polizia locale gli aveva segnalato la presenza inquietante di una tenda con scritte sovversive sui lati, avevano così fatto un sopralluogo e poi avevano pensato che l’iniziativa potesse essere di qualche insegnante del Liceo Einstein. Deduzione (più precisamente sarebbe un’abduzione, ma non stiamo troppo a sottilizzare) sherlockholmesiana, a dir poco. Strano piuttosto che non mi conoscessero, visto che un mese fa cinque loro colleghi mi avevano sgombrato dalla mia scuola che stavo occupando simbolicamente. Si vede che tra loro non si parlano un granché. Ma tant’è.

Quindi hanno voluto sapere rava e fava della mia iniziativa e, dopo la mia spiegazione, concisa ma esauriente, hanno concluso che per il momento potevo continuare ad accamparmi dirimpetto la mia scuola, salvo indicazioni superiori contrarie. Ho stretto loro la mano e sono tornato a fare lezione. E così ora sapete perché sono ancora qui, attendato. La Digos forse ha compreso che un attendato per chiedere che un ministro risponda a una mail è cosa diversa da un attentato alle istituzioni democratiche.

Finita la seconda lezione (sulla concezione della scienza di Platone), approfittando di un’ora buca, sono volato davanti all’Università Bicocca, invitato dagli stud milanesi no green pass per un presidio-comizio. Ho tenuto una concione di cinque minuti sull’importanza di essere ipersensibili alle violazioni dei diritti e delle libertà costituzionali in un Paese che ha subito vent’anni di regime fascista (il passato può facilmente tornare, sebbene non allo stesso modo, motivo in più per stare all’erta). Ho fatto appena in tempo a tornare nel mio liceo all’inizio della quarta ora di lezione.

Come non bastasse, nel primo meriggio ho partecipato all’assemblea sulle prospettive della scuola allo spazio teatro-agorà in parco Sempione. Quindi alle 17 in piazza Scala per la seconda giornata di DURAN ADAM: UMANO DIRITTO, no green pass, resistenza radicale, giungendo finalmente a scoprire il doppio senso dell’espressione: essere umano ritto in piedi e il diritto dei ogni uomo. Insomma: solo se stiamo ritti, senza inchinarci a niente e nessuno, solo così possiamo godere dei nostri diritti umani. Ma UMANO DIRITTO può perfino avere un terzo senso, se intendiamo l’aggettivo come sinonimo di retto, giusto, morale.

Tornato in tenda verso le 19, ho ricevuto una visita esterna (ci siamo parlati io sdraiato nella tenda e loro in piedi fuori) da una coppia di genitori di uno studente dell’Einstein che abitano qui vicino e avevano saputo della mia attuazione. Si sono perfino offerti di portarmi del latte caldo, mi ha fatto molto piacere, li ho ringraziati ma sono ben fornito e quindi ho declinato la pur generosa offerta.

Ora preparerò le lezioni per domani e quindi affronterò la seconda notte, confidando di riuscire, stavolta, a dormire qualche ora in più.

Mi sento orgogliosamente cinico, ma non come lo può essere il ministro Bianchi, ma nel senso di Diogene il Cinico, che usava come casa una botte. Cosa hanno in comune una botte e una tenda? Sono case mobili, trasferibili dovunque. I cinici sostenevano che la natura umana è nomade e che dunque vivendo in “immobili” facciamo violenza alla nostra indole. Peraltro Diogene con la sua botte aveva già inventato la roulotte!

“Ridere ci rende invincibili, ma non perché vinciamo sempre, anzi semmai il contrario, ma perché non ci arrendiamo mai!” (Frida Kahlo)

Saverio Mauro Tassi


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