LETTERA APERTA – a cura di Giulia Abbate, Resistenza Radicale
Al Direttore del Sistema Bibliotecario Milanese,
alla Responsabile delle Biblioteche Rionali,
alle bibliotecarie e ai bibliotecari (con preghiera di diffusione)
All’Associazione Italiana Biblioteche

Vi scrivo innanzi tutto per farvi i complimenti per la rassegna “3 eventi sui luoghi simbolo della Resistenza in Zona 8”: molto interessanti, grazie!

Allo stesso tempo, devo dirvi che trovo inquietante il fatto che questi eventi sulla Resistenza a una dittatura prevedano una condizione discriminante per la partecipazione, ovvero il cosiddetto “super green pass”.

Non sono la prima, né immagino sarò l’ultima né la più illustre, a notare una sinistra similarità tra l’attuale pretesa di ostensione di “super green pass” e la vecchia Tessera del partito fascista, senza la quale non si potevano fare molte cose, né si avevano gli stessi diritti di chi la aveva. (Questa nostra tessera, che parla pure di obbedienza a un diktat, mi pare configurare più esclusioni di quella, a dirla tutta.)

Parlando di pareri più illustri, sottopongo alla vostra attenzione una tra le più recenti valutazioni relative al “super green pass”, che ne rileva “un arretramento allarmante riguardo ad acquisti giuridici che ritenevamo intangibili in tema di uguaglianza e rispetto della persona umana, senza distinzioni e appartenenze di gruppo. La discriminazione è dunque odiosa, ed estremamente grave perché incide in modo diretto sull’esercizio di diritti fondamentali.”

Di questi tempi è necessaria una precisazione, quindi la faccio: a esprimere questo parere non sono personaggi con le corna da bufalo sulla testa, ma una rosa di giuristi e giuriste italiane che hanno presentato pochi giorni fa un esposto sulla liceità del green pass.
Eccolo qui: https://www.filodiritto.com/green-pass-esposto-al-garante-di-25-giuristi

Ciò detto, aggiungo a questo un tassello in più, non più legale ma esistenziale: la discriminazione non passa senza lasciare traccia.
Essere lasciate/i fuori da un evento culturale, perché non si ha una tessera la cui imposizione è illecita, per una persona che ama la cultura non è esperienza leggera.
Essere discriminati/e da una società intera per una legittima scelta sul proprio corpo non è questione che si dimentica.

E il silenzio delle vostre strutture, dal dott. Stefano Parise che non risponde alle lettere aperte né alle mail, fino all’AIB che fa orecchie da mercante alle interlocuzioni dirette… colpisce noi, ma sporca voi, come ogni atto di oppressione.
È una macchia che farete molta, molta fatica a togliervi di dosso.

Lo indica il calo consistente, che so che registrate, delle persone che vengono in biblioteca. Molte di esse sono disgustate dal dover esibire una prova che riguarda la loro sfera privata e sanitaria. Molte altre stanno resistendo a questa imposizione, non solo per amore dei propri diritti, ma per il bene della società intera: per opporsi all’ingranaggio che rischia di portarci ancora più a fondo nella perdita di diritto e legalità in cui i governi degli ultimi due anni hanno gettato questo paese.

E lo indica anche il sentire di alcune/i vostri impiegate/i, bibliotecari/e e non solo, che hanno dovuto piegarsi all’imposizione ma non sono certo felici di dover fare i controllori, di mandare via la gente (anche giovane o giovanissima!) e di non poter criticare la propria azienda, sotto pena di provvedimenti disciplinari.

Eventi per celebrare la Resistenza a un regime oppressivo e ingiusto? E come chiamate questo, allora?

La cultura non è un bene necessario?
La biblioteca non è presidio di istruzione e di giustizia sociale?
I diritti non sono inalienabili, slegati dall’approvazione di una politica o di una tessera?

Ce la farete, a condurre questi bellissimi eventi sulla Resistenza, senza pensare a tutto ciò nemmeno una volta?
Senza voler vedere le sedie vuote, le persone che non ci sono perché è loro interdetto, a causa del fatto che non hanno obbedito?

Come ho detto, la perdita che subisce chi è oppresso è pesante e durissima da digerire. Ma non è nulla, rispetto a quella che chi opprime infligge a sé stesso, al proprio ruolo, alla propria integrità, al proprio spirito.

Io continuo ad avere grandissima considerazione per le bibliotecarie e i bibliotecari e a considerare un tesoro le biblioteche. Per questo vi ho scritto, per ricordarvi che avete ancora tempo e modo per parlare, e per dirvi che ci sono molte persone, dentro e fuori i vostri locali, che attendono una vostra parola in merito.

Grazie per l’attenzione e a presto.
Almeno spero!

P.S. alla presente lettera aperta metto in copia come destinataria anche la dott.ssa Federica Tassara, che so essere dirigente del Sistema Bibliotecario Milanese, sperando in qualche considerazione da parte della dirigenza. Come ho detto, il dott. Parise ha ignorato tre mie lettere precedenti, nonostante esista una Carta dei Servizi che raccomandi un comportamento diverso. Vedo bene che ultimamente le Carte (dei servizi, come costituzionali) hanno scarso appeal, ma chissà, questa mia potrebbe anche aiutare a ricordare della loro esistenza.
Essendo questa una lettera aperta, vi comunico inoltre che la renderò pubblica.
Grazie.

Giulia Abbate
Lettrice, scrittrice, cittadina
Facente parte del comitato Resistenza Radicale-Azione Nonviolenta