Pubblichiamo oggi un interessante contributo di Federico Agarinis, militante di Resistenza Radicale, relativamente alle diverse reazioni delle persone sottoposte a determinate circostanze. In qualche modo, gli studi illustrati da Agarinis possono darci una chiave di lettura anche di ciò che stiamo vivendo in questi ultimi mesi.

Obbedienza, resistenza ed eroismo.

di Federico Agarinis – Ufficio Stampa Resistenza Radicale

Le ricerche di Philip Zimbardo (2004) sembrano supportare una teoria che afferma che le circostanze in cui una persona è immersa esercitano molto più potere sulle azioni umane rispetto a quanto le persone generalmente riconoscano.

Questo non giustifica i comportamenti delle persone immorali, piuttosto fornisce una comprensione di base, slegata dal semplice cercare colpevoli e/o tentare di cambiare inutilmente il comportamento della persona “cattiva”, che deve essere comunque messa in condizioni di non nuocere. 

Questa comprensione profonda consentirebbe di trovare delle reti causali di circostanze che devono essere modificate per agire all’origine dei problemi in modo da ridurre di molto la probabilità di comportamenti devianti.

Obbedienza: Esperimento di Milgram

Consideriamo l’esperimento di Milgram (1963) sull’obbedienza per spiegare meglio questo concetto: Esso consisteva nell’ordinare a dei soggetti di somministrare una scarica elettrica da 15 a 450 volts a una vittima nel contesto di un esperimento sull’apprendimento, in realtà si voleva capire fino a che punto i soggetti erano disposti ad obbedire allo sperimentatore. 

Link al video dell’esperimento

Lo strumento per la somministrazione delle scariche comprendeva delle informazioni verbali come Slight Shock (shock lieve) a Danger: Severe Shock (pericolo: shock letale).

Ogni volta che la finta vittima sbagliava veniva richiesto al soggetto di aumentare l’intensità dello shock fino alla scossa più alta. Al crescere delle scosse veniva riprodotta la registrazione di un urlo per far credere al soggetto che la vittima fosse reale. Quando avveniva una resistenza da parte del soggetto, lo sperimentatore rispondeva in modo educato ma fermo con frasi standardizzate come:

  • “la prego di continuare”
  • “l’esperimento richiede che lei continui”. 

Contrariamente alle aspettative, nonostante i 40 soggetti dell’esperimento mostrassero sintomi di tensione e protestassero verbalmente, una considerevole percentuale di questi obbedì pedissequamente allo sperimentatore.

Questo stupefacente grado di obbedienza, che ha indotto i partecipanti a violare i propri principi morali, è stato spiegato in rapporto ad alcuni elementi, quali l’obbedienza indotta da una figura autoritaria considerata legittima, la cui autorità induce uno stato eteronomico, caratterizzato dal fatto che il soggetto non si considera più libero di intraprendere condotte autonome, ma strumento per eseguire ordini.

I soggetti dell’esperimento non si sono perciò sentiti moralmente responsabili delle loro azioni, ma esecutori dei voleri di un potere esterno.

Alla creazione del suddetto stato eteronomico concorrono tre fattori:

  • percezione di legittimità dell’autorità (nel caso in questione lo sperimentatore incarnava l’autorevolezza della scienza)
  • adesione al sistema di autorità (l’educazione all’obbedienza fa parte dei processi di socializzazione)
  • le pressioni sociali (disobbedire allo sperimentatore avrebbe significato metterne in discussione le qualità oppure rompere l’accordo fatto con lui)”.

Questo esperimento è un esempio di come il potere della situazioine agisce su di noi e ci dimostra come sia determinante nelle scelte morali  sentirsi responsabili delle proprie azioni.

Nel caso dell’esperimento di Milgram, ai soggetti veniva fatto credere che non sarebbero stati arrecati danni alla vittima, così, l’autorità della figura dello sperimentatore in combinazione a tutti gli altri innumerevoli elementi situazionali, sembrano essere elementi che riducono il senso di responsabilità fino a deresponsabilizzare completamente il soggetto, rendendo una persona una marionetta nelle mani dello sperimentatore. 

Il potere della situazione

Esistono degli elementi di prevenzione che possono salvarci dal “potere della situazione”? Secondo gli studi di Zimbardo (2015) sì, in questo senso i suoi studi si sono concentrati sui fattori, situazionali, circostanziali che possono portare persone normali a fare il male. 

Secondo Zimbardo (2015) le persone normali possono essere facilmente condotte a fare cose molto crudeli ad altre persone, se vengono catturate dal “potere della situazione”, entrando nel ruolo: avendo regole, procedure, norme sociali nella situazione data a cui le persone si attengono e vengono premiate, anonimato e costumi. 

Le persone buone possono essere sedotte verso il male facendogli credere che il negativo è positivo, come nell’esperimento di Milgram (1963) in cui le persone credevano di star aiutando il ricercatore. Ma anche alcune persone malvagie possono essere riabilitate. In questo senso la natura del male e del bene non consisterebbe in tratti di personalità interni ma in un attributo generale della natura umana. Il muro che divide bene e male non è diviso da un muro impermeabile e ognuno di noi ha la capacità di fare un grande male e allo stesso tempo un grande bene. 

Secondo Zimbardo (2015) ciò che maggiormente determina quale di queste qualità emerga è la situazione in cui si vive e in cui si cresce. Il sistema che crea queste situazioni può essere legale, religioso, economico, può essere il potere dei media o quello della cultura storica. I tratti della personalità possono dare un’indicazione, ma bisogna ricordare che gli esseri umani sono sul palcoscenico della vita, in contatto con le altre persone in cui ognuno assume un ruolo. Talvolta questo ruolo diventa permanente, e trasforma l’individuo in modo tale che si identifichi con quel ruolo (Zimbardo, Diventare Cattivi, Diventare Eroi – Philip Zimbardo – Interviste#02, 2015).

Resistenza ed eroismo

La resistenza a potenti influenze sociali indesiderate è un continuum costituito da due estremi: il distacco difensivo e il coinvolgimento totale: nel primo estremo abbiamo le persone più immuni. Sono quelle affette da disturbo paranoide di personalità, ma questo ha un costo psichico elevato, dato che sono isolate anche dalle influenze che potrebbero essergli d’aiuto. L’altro lato del “pendolo” è composto dalle persone che hanno una fiducia incondizionata delle persone, che sono totalmente influenzabili.

In media il 10-20% delle persone riesce a resistere a potenti influenze sociali indesiderabili grazie alla loro capacità di resistenza e virtù civica che consiste in tre caratteristiche chiave: 

  • consapevolezza di sé
  • sensibilità alle situazioni
  • “il sapersela cavare”.

Zimbardo (2007) indica dieci punti per provare a sistematizzare le caratteristiche degli “eroi”, ovvero persone che riescono a resistere a influenze sociali indesiderabili:

1. “Io ho fatto uno sbaglio.”

Incoraggiare l’ammissione dei nostri errori, prima a noi stessi e poi agli altri, riduce il bisogno di giustificarsi o razionalizzare e quindi riduce la possibilità di supportare azioni immorali. Confessare gli errori inoltre riduce la dissonanza cognitiva e permette di entrare più in contatto con la realtà. 

Lasciare andare è sempre una perdita nel momento presente, ma è un guadagno a lungo termine.

2. “Io sono consapevole.”

Troppe volte funzioniamo con il “pilota automatico”. È importante talvolta riflettere sul significato della situazione presente ed osservarla consapevolmente in modo distaccato.

Successivamente, attraverso il pensiero critico e lo scetticismo, bisogna cercare evidenze concrete che supportino i nostri ragionamenti. Rigettando tutte le soluzioni semplici a tutti i problemi personali/sociali complessi, in quanto molti nostri ragionamenti potrebbero essere dei condizionamenti acquisiti in passato, che non si adattano al momento presente. 

Anche sentirsi continuamente in colpa per un comportamento passato, agito in stato di inconsapevolezza è controproducente. 

3. “Io sono responsabile.”

Siamo più resistenti alle influenze sociali indesiderate se manteniamo un senso di responsabilità per le nostre azioni. Rifiutando il sentimento di sentirci meno responsabili perché si è in gruppo e quindi più anonimi. 

Quando si è nel dubbio di star facendo una cosa che magari non vorremmo fare, un’idea potrebbe essere di immaginare un futuro in cui quella determinata azione sia punita per ogni persona che l’ha fatta, e che nessuno accetterà la giustificazione “stavo solo seguendo gli ordini” o “tutti stavano facendo la stessa cosa”.

4. “Io sono me stesso, Il meglio che posso essere”

Siamo più resistenti alle influenze sociali indesiderate se non permettiamo agli altri di de-individualizzarci, di metterci in una categoria. Asserendo la nostra individualità (il nome) chiaramente, facendo contatto visivo con gli altri. 

La segretezza e l’anonimità distruggono le connessioni umane generando de-umanizzazione che può potenzialmente portare a violenze gravi.

Se si lavora contro qualsiasi condizione che fa sentire le persone anonime, ovvero facendole sentire individui che hanno un valore personale, è possibile prevenire i processi di de-umanizzazione.

5. “Io rispetterò un’autorità giusta ma mi ribellerò contro un’autorità ingiusta.”

È importante imparare distinguere tra le persone che hanno una vera autorità data dall’esperienza, dalla saggezza, che meritano rispetto. Dalle false autorità che chiedono obbedienza senza avere alcuna sostanza: falsi profeti, truffatori, egocentrici.

È utile disobbedire a questi ultimi e sottoporli a una critica severa.

6. “Io voglio l’accettazione del gruppo, ma anche la mia indipendenza.”

Talvolta il desiderio di accettazione da parte di un gruppo può farci fare qualsiasi cosa per evitare di essere rifiutati, essendo animali sociali. Tuttavia esistono situazioni in cui la conformità può essere contro-produttiva rispetto al bene sociale ed è imperativo rifiutare le norme di gruppo.

Dobbiamo essere pronti a dichiarare la nostra indipendenza indipendentemente dal rifiuto sociale che potremmo subire. 

7. “Io sarò più attento al modo in cui vengono presentate le informazioni.”

Il modo in cui un’informazione viene presentata è la parte più influente di un messaggio persuasivo, perché agisce a livello inconscio. Ad esempio, desideriamo di più le cose che sono dichiarate scarse. Siamo più bendisposti verso un messaggio che ci dice che abbiamo il 60% di possibilità vincita rispetto a un messaggio con la possibilità del 40% di perdita, anche se il messaggio è lo stesso.

8. “Io analizzerò le cose in una prospettiva di tempo più elevata.”

Possiamo fare delle cose che non rispecchiano i nostri valori se rimaniamo sempre intrappolati nel momento presente. Se perdiamo di vista gli impegni presi in passato e le responsabilità che essi comportano nel futuro, siamo più vulnerabili a tentazioni situazionali. 

Per non agire in modo conformista quando tutti si stanno comportando in modo abusivo o fuori controllo, bisogna far leva su una prospettiva temporale che va oltre il presente. Per fare un’analisi costi/benefici delle conseguenze delle proprie azioni. Sviluppando una prospettiva in cui passato, presente e futuro sono tutti presenti nella mente, è possibile agire più responsabilmente e saggiamente. Quando manca una o due delle prospettive, il rischio di influenze sociali e ambientali è aumentato. 

Ad esempio, coloro che aiutarono gli Ebrei Olandesi a nascondersi dai Nazisti, non si impegnarono in razionalizzazioni come i loro vicini per cercare ragioni per non aiutare. Questi eroi avevano ben in mente strutture morali derivanti dal passato, e non persero mai di vista la possibilità di un futuro in cui quella situazione terribile sarebbe finita.

9. “Io non sacrificherò la mia libertà per un’illusione di sicurezza.”

Il bisogno di sicurezza è potente nel determinare il comportamento umano. Possiamo essere manipolati nel fare azioni che non vogliamo se ci viene promessa una sicurezza dal pericolo.

È imperativo rifiutare di sacrificare la libertà personale in cambio di una promessa di sicurezza perché la perdita di libertà è immediata mentre le promesse di sicurezza sono illusioni distanti.

10. “Io posso oppormi a un sistema ingiusto.”

Gli individui vacillano davanti all’intensità di un sistema ingiusto. Ma la resistenza individuale in combinazione a quella degli altri può fare la differenza. Essa può comportare la rimozione di sé stesso da una situazione totalizzante in cui tutte le informazioni, i premi e le punizioni sono controllate. Può comportare la sfida a un gruppo di pensiero dominante e al rischio di essere punito. Ma può anche implicare l’ottenere un appoggio da altre autorità. 

I sistemi hanno una grande resistenza al cambiamento. In questa situazione, gli eroi sono più efficaci se sollecitano gli altri a seguire la loro causa in quanto il sistema può accusare un’opposizione individuale come un delirio.

Zimbardo, P. G. (2007). The Lucifer effect: understanding how good people turn evil New York. Random House.

di Federico Agarinis – Ufficio Stampa Resistenza Radicale