Prosegue il nostro sciopero della fame collettivo, che è ufficialmente diventato una staffetta e durerà fino alla primavera e al 31 marzo, termine che è stato fissato dal governo come fine dell’emergenza sanitaria.

Oggi Donata ci racconta il suo ultimo giorno di digiuno.

Qui la prima parte, con l’inizio dello sciopero della fame.

Qui il racconto del suo secondo giorno.

Grazie!


In questo ultimo giorno di digiuno per fame di giustizia, guardo le ombre del tramonto sdariarsi sul pascolo che si estende dalle aiuole della Luna sinergica e ascolto questo tempo straordinario di impressioni, sentendo il corpo di carne farsi spirito… senza bisogni orali, senza sforzo del fare bensì pieno di momenti imperdibili che si scrivono in me, captati da antenne limpide che ascoltano con altri organi al luogo delle orecchie…tra l’altro tappate!

Guarda caso: quante volte mi sono ripetuta che quello che succede non si può sentire!?

Tutta questa conformità, questa approvazione senza spirito critico, questa menzogna, questo totalitarismo, questo mantello di paura di qualcosa che non esiste se non nella mente… come si può aver paura di qualcosa che è parte di noi?

Mi sento come in una meditazione continua, ogni gesto, ogni movimento è sacro e riflettuto, senza interruzioni, tutto fluisce: gli uccellini che cinguettano, i piedi che appoggiano sulla terra, il calore del sole, il respiro che si espande, il suono della legna raccolta, la compagnia del pollaio Chico Mendez che razzola, la terra ancora dura sotto la paciamatura.

Il rallentamento approfondisce le sensazioni che si allargano.

Mi gusto ogni momento, anche il niente dello stare, o leggere un libro in orari non consoni, l’uscire dalle abitudini, e chiedo agli spiriti guida che tutti i risvegliati, i prigionieri, i collaborazionisti, le anime belle scoprano e possano vivere questa bellezza.

Una solitudine piena e un vuoto pieno di pieni mi accarezzano il cuore.

Perfino andare a Milano, nel traffico inquieto della metropoli, con gli incidenti e la corsa degli orari da rispettare, mi attraversa senza emozioni. E vedere mia figlia, mia nipote anche per poco tempo, è un dono prezioso da assaporare che si espande per ore.

Lei temeva che la mia assenza di lasciapassare discriminatorio compromettesse l’acquisto della fascia marsupiale per vivere meglio la maternità. Eppure l’intenzione chiara, la certezza che l’intelligenza di chi si occupa di nuove vite non possa che far sgonfiare questo soufflè /farsa, ha fatto sì che ci fossero solo sorrisi… io nemmeno con la mascherina nel piccolo negozio, non per trasgressione gratuita ma perchè non ho paura, so che non è utile e soprattutto non solo sono immune ma rivendico il diritto di ammalarmi e curarmi o lasciare che il corpo stesso mi curi con i suoi tempi e i doni di madre natura… insomma anche ammalarsi è un diritto, per di più di un’influenza tra l’altro avuta e che mi ha reso libera dalla paura. 

Nemmeno al poliambulatporio a trovare l’amica medica che da vent’anni mi riceve, dove i pazienti fanno trafile assurde, tamponi per entrare, ascoltano la temperatura, firmano questionari, fanno code, compilano moduli, si igienizzano le mani, ero invisibile e sospesa, fuori dal corpo di questo sistema sanitario che non è più luogo di cura e guarigione, di vita e amore a cui ho dato troppi anni di servizio… ora guardo le stelle e mi sento forte e libera! Grazie.