di Aligi Taschera

Da circa 22 mesi siamo sottoposti ad uno stato di emergenza, che si sta spingendo oltre qualsiasi forma di legalità. Se infatti la sua proclamazione, avvenuta in base alle norme sulla protezione civile, appariva fin dall’inizio di dubbia legalità costituzionale, la sua proroga fino al 31 marzo, cioè oltre il limite di due anni che la stessa legge in base alla quale fu dichiarato poneva, mette lo stato italiano al di fuori della legge che esso stesso si è dato, situandolo di fatto al di fuori del perimetro degli stati di diritto.

Questa scelta politica è stata usata per imporre restrizioni senza precedenti alle normali libertà e diritti costituzionali, che tutti conoscono, ma che è il caso di riassumere qui brevemente. Confinamenti delle persone in casa propria; chiusura di tutti i luoghi di fruizione e trasmissione della cultura (scuole, teatri, cinema, biblioteche e musei), chiusure di attività commerciai di ogni genere (dai ristoranti ai negozi di abbigliamento), divieto di spostamenti serali e notturni, ecc. In più ogni cittadino è sottoposto ad un’asfissiante campagna di allarme avente per oggetto la pandemia di Covid19 di cui si parla ogni giorno e dalla mattina alla sera su tutte le televisioni, sul Web, sui giornali e persino sugli autobus, sui tram e in metropolitana. A tutto questo si è aggiunto un lasciapassare verde per poter fruire di quelli che erano ritenuti diritti naturali inalienabili dell’uomo, come lavorare, viaggiare, e quant’altro.

Tutti questi provvedimenti vengono proposti come necessari per indiscutibili ragioni sanitarie. Anzi: si arriva a negare qualsiasi responsabilità per queste scelte: la vulgata diffusa sostiene addirittura che i confinamenti (detti normalmente lock down) li ha provocati direttamente il virus, assieme a tutte le altre restrizioni, come se un virus fosse in grado di scrivere e approvare decreti legge, e anche controfirmarli.

In realtà la situazione ha rivelato un’inefficienza sanitaria gravissima, stante che l’Italia è uno dei paesi che ha avuto la più alta mortalità da Covid19. Mortalità connessa con scelte inadeguate (per non dire sciagurate) come la pesante raccomandazione di evitare le autopsie, il pesante definanziamento del servizio sanitario nazionale avvenuto in tutti i dieci anni precedenti la pandemia e la sostanziale proibizione delle cure domiciliari precoci, accompagnato dall’ormai famigerato protocollo di cura consistente in tachipirina e vigile attesa.

Tutto questo (mortalità, inefficienza sanitaria, restrizioni, campagne di stampa e televisive) ha suscitato un terrore diffuso e irrazionale, radicato in un irrazionale e terrore della morte, che è in realtà l’evento più certo della vita, che va affrontato in ogni caso.

A questo terrore diffuso si è reagito inventando una nuova pseudoreligione (o una parodia della religione cristiana) che, di fronte al timore della morte, invece di proporre la vita eterna nell’al di là, propone il maggiore allungamento possibile (foss’anche di qualche giorno) della sopravvivenza del corpo nell’al di qua; a questa sopravvivenza del corpo nell’al di qua questa religione è disposta a sacrificare tutto: relazioni affettive, intelligenza, cultura, democrazia e stato di diritto. È disposta a sacrificare tutto ciò che è più propriamente umano. Come la religione cristiana, questa pseudoreligione ha la sua proposta di una via per la salvezza: il vaccino. Questa prospettiva di salvezza, equiparabile alla grazia divina, non ammette concorrenti, e dunque le cure dei malati vanno costantemente sottovalutate ed escluse dal novero delle scelte serie. Come la religione cristiana, questa religione ha la sua dottrina dogmatica, denominata pomposamente scienza. Per scienza viene ora spacciata una dogmatica che ha i suoi sacerdoti: virologi e scienziati che appoggiano le scelte politiche dominanti, e che esclude l’essenza della scienza: il dubbio, il controllo delle affermazioni e il dibattito. Si può anche avere avuto un premio Nobel per la medicina, ma se si critica la pseudoscienza che giustifica le scelte politiche di regime si viene screditati. Come nella migliore tradizione cattolica, questa pseudoreligione ha il suo sant’uffizio, preposto a decidere quali informazioni sono leggibili e quali sono invece da proibire: si tratta dei controllori dei fatti, denominati di solito in inglese (fact checker) per non rischiare di suscitare ilarità.

Come la religione cattolica, questa pseudoreligione ha i suoi eretici, da additare al pubblico disprezzo: i “no vax”; non è chiaro che cosa significhi “no vax, ma è chiaro che si tratta di un’etichetta infamante, sotto la quale vengono inseriti tutti quelli che si oppongono alle politiche scelte per affrontare la pandemia, e/o alla struttura ideologica pseudoreligiosa che le accompagna. Chiunque sostenga tesi diverse da quelle approvate dai controllori dei fatti viene tacitato o screditato. Così è accaduto ad esempio al professor Geert Vanden Bossche, un esperto di vaccini, ex collaboratore della Gavi (l’alleanza internazionale per i vaccini) che prima dell’inizio della campagna vaccinale aveva inviato un appello a tutti i responsabili politici nel quale li invitava a non intraprendere una campagna vaccinale durante la pandemia, perché questa avrebbe reso più probabile l’emersione e la diffusione di varianti, come sta puntualmente avvenendo. Ma l’emersione e la diffusione di varianti, invece di suscitare ripensamento, diventano l’occasione per diffondere nuovo terrore e proporre nuove restrizioni: un’occasione di auto-rafforzamento della pseudoreligione vaccinale. Questa pseudoreligione è diventata la religione dello stato che, come nei migliori regimi totalitari, la usa per stabilire i principi morali ai quali i cittadini devono attenersi e per imporre la sua moralità ai cittadini, che sono così suddivisi dallo stato in buoni (quelli che ottemperano al dovere civico e morale del vaccino di stato) e cattivi (tutti gli altri).

Il lasciapassare verde (denominato necessariamente in inglese green pass) è la più efficiente invenzione di questa pseudoreligione, che ha introdotto una separazione certificabile e in qualche modo oggettiva tra i fedeli, buoni cittadini che compiono il loro dovere, e gli altri, da sottoporre a restrizioni crescenti, e sui quali convogliare il disprezzo della moltitudine dei fedeli.

A questa degenerazione politica e socioculturale intendiamo resistere.

Resistere con tutti i mezzi della nonviolenza attiva, disobbedendo ad uno stato che, con la scusa di un’emergenza perenne, preferisce governare con l’arbitrio e i ricatti più che con la fedeltà alla costituzione.

Disobbedire per riappropriarci appieno della democrazia e dei diritti di libertà.

Resistere per difendere umanità e cultura da questa marea che tutto sommerge.