Pubblichiamo le riflessioni di Valentina Vico, che ha partecipato alla giornata di digiuno collettivo di 24 ore il 31 marzo 2022. Le immagini e foto sono realizzate da Valentina, per questo diario.
GRAZIE!

Buonasera a tutte le anime belle riunite stasera in questo cerchio pacifico contro ogni discriminazione e per il ripristino dei diritti. Grazie a chi è con me nella staffetta dello sciopero della fame, a chi c’è stato prima e a chi verrà e grazie a voi che ci sostenete e che costituite il nostro nutrimento.

Sono oggi al decimo giorno di digiuno con la stessa mitezza e determinazione – per usare le parole di Carlo Cuppini, che ormai ho fatto mie – con le quali ho iniziato il viaggio venerdì 25 febbraio.

Che cosa rappresenta per me il digiuno come forma di protesta non violenta e qual è il mio intento in questa azione collettiva?
“I potenti se ne fregano di voi e dei vostri digiuni!” mi dicono alcuni. Forse. Ma è alle singole coscienze delle cittadine e dei cittadini comuni che mi rivolgo. E sono sicura che quelle coscienze vengano raggiunte. Usare il corpo come strumento di protesta non-violenta è un gesto che porta in grembo la potenza espansiva del sassolino gettato nello stagno. Condivido in pieno il pensiero di Sergio Porta: “la non violenza è un attivatore di magia.” Scegliere di rispondere all’aggressività e alla prevaricazione con il vuoto e con lo stare, con la resistenza gentile, con la pace.

Privare il mio corpo del sostentamento significa sottrarlo al potere coercitivo dello Stato e dichiarare, ribadire, rivendicare il diritto di nascita all’autodeterminazione. Il digiuno come potente atto simbolico: quel corpo che per due anni è stato considerato pericoloso, veicolo di sciagure, oggetto da allontanare, rinchiudere, trattare ora si svuota e diventa canale di Amore, diventa strumento di solidarietà e vicinanza.
Un cambio di paradigma e di visione. La riappropriazione del corpo.


L’intento è dire a tutte quelle persone escluse, offese, rifiutate, denigrate, ricattate e additate per opera dello Stato che non sono sole, che la loro Libertà mi e ci sta a cuore. Perché non esiste la libertà collettiva fin quando non sarà ripristinata la libertà di ogni singolo individuo. Poiché siamo Uno.
Ma c’è anche un intento di risveglio e di liberazione rivolto a chi ha ceduto e crede nella validità delle misure discriminatorie, divisorie e persecutorie dello Stato. Il mio digiuno è un atto di Amore e Compassione (intesa come com-patire, partecipazione al dolore dell’altro) anche verso quelle persone per le quali ormai è accettabile e persino scontato essere controllate in continuazione con un QR code per ottenere privilegi che fino a poco tempo fa erano diritti indiscutibili. Perché la loro Libertà mi e ci sta a cuore. Poiché siamo Uno.

Siamo Uno.
Il concetto di non separazione è cruciale.
Nella cultura occidentale siamo abituati a pensare in un’ottica di separazione: corpo mente e spirito come dimensioni separate; l’essere umano come creatura separata dalla Natura; gli organi del corpo come separati fra di loro e separati dalla psiche; una guerra che scoppia dall’altra parte del mondo come evento separato dai nostri conflitti quotidiani;  la vita di una sconosciuta o di uno sconosciuto come separata dalla nostra; il linguaggio che usiamo come separato dalla realtà manifesta; la necessità di un lasciapassare per andare a lavoro e per visitare un museo separata dall’oppressione fisica, psicologica ed intellettuale propria dei regimi dittatoriali; la spiritualità come separata dalla conoscenza del mondo.
Questo substrato culturale, questo dualismo imperante e diffuso, ci ha portati ad essere sempre più disconnessi l’uno dall’altra. E credo, fortemente credo, che sia questa la matrice all’origine di ogni evento bellicoso su micro e macro scala.


Abbiamo smesso di percepirci come parte di un Tutto. Abbiamo chiuso gli occhi di fronte alla legge universale di causa effetto, che non ha nulla a che vedere con la colpa e la punizione, ma che ci parla di responsabilità e interconnessione.
All’inizio degli anni sessanta del secolo scorso il meteorologo e matematico Edward Lorenz, durante le ricerche e le sperimentazioni per creare un sistema informatico volto a prevedere il tempo atmosferico, elaborò una teoria conosciuta come “effetto farfalla”. Secondo gli studi condotti dallo scienziato, il battito d’ali di una farfalla in Brasile può generare un uragano in Texas.
Allora sorgono delle domande.
Come possiamo pensare di non poter fare la differenza anche solo stando in silenzio di fronte alla violenza?
Come possiamo immaginare che la pace nel mondo sia qualcosa di diverso dalla pace con i nostri vicini, amici e conoscenti sprovvisti di lasciapassare?
Come possiamo accettare di rispondere all’arroganza con arroganza, all’odio con l’odio, all’ingiustizia con la vendetta?

E in virtù del fatto che non esiste separazione fra il singolo e il Tutto, fra il dentro e il fuori, fra il sopra e il sotto, proprio per uscire dall’ottica del dualismo che per definizione genera conflitti e discriminazioni, occorre osservare la realtà che si rivela ai nostri occhi come specchio della realtà intima e sottile del nostro tempo interiore.
E’ necessario riscoprire, riconoscere ed autorizzare la verità del cuore affinché possa riflettersi e realizzarsi all’esterno.
Tornare alla verità del cuore che suona come il mahamantra (grande mantra) “Baba Nam Kevalam”: tutto è espressione dell’Amore Cosmico infinito. Proviamo a spogliarci totalmente e stare nudi lì, nell’Amore, dove si può abbattere il dualismo, sanare la frammentazione, ricreare l’interezza e sperimentare la consapevolezza di essere Uno.

Concludo riportando in breve l’antica parabola del colibrì.
Nella grande foresta scoppiò un incendio devastante e tutti gli animali guardavano le fiamme atterriti ed inermi,  mentre la loro casa, la loro stessa Storia, andava in cenere.
Solo il piccolo colibrì si mosse e volò verso il fiume per raccogliere l’acqua e tentare di spegnere il fuoco.
A quel punto tutti i grandi animali della foresta cominciarono a deriderlo: “Cosa pensi di fare’ puoi trasportare solo una goccia d’acqua col tuo piccolo becco!”. E il colibrì rispondeva, continuando a volare avanti e indietro fra il fiume e la foresta:”Faccio la mia parte”.
Intanto alcuni animali presero a seguirlo, a partire dai cuccioli di elefante, che con le loro proboscidi spruzzavano acqua per contrastare l’incendio. Piano piano ognuno si decise a fare la propria parte secondo le proprie possibilità, ciascuno portando l’acqua verso la foresta. E così, insieme, tutti gli animali riuscirono a spegnere l’incendio, a salvare la loro casa e la loro Storia.

Siamo Uno.

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